Il Coronavirus accentua “le distanze”, storie di coraggio e avvisi ai naviganti

Nadia Gallone, ventiseienne originaria di Motta S. Anastasia nel catanese, infermiera presso uno dei presidi ospedalieri della città di Alessandria, è una delle tante professioniste nell’ambito sanitario che vivono in un contesto lontano dalle proprie radici, combattendo il Coronavirus nelle regioni maggiormente colpite a livello di numero di contagi. Qualche giorno fa in un post sui social aveva mostrato i segni, quelli fisici e tangibili ma anche quelli che segnano in qualche maniera lo spirito, per la distanza che separa dai propri cari. Le esperienze raccontate per via diretta da chi vive sulla propria pelle la malattia dei pazienti colpiti dal virus, e l’emergenza ospedaliera di carattere inevitabilmente nazionale, valgono da messaggio alla popolazione italiana affinché la prevenzione assuma un valore centrale nell’approccio quotidiano alla quarantena prevista dagli organi statali.

Nadia, grazie per aver accettato il nostro invito. Ti chiediamo di raccontarci l’esperienza che state vivendo, medici e personale sanitario, lì in Alessandria. Come stai e come state gestendo l’emergenza.

“Qui ad Alessandria ogni giorno ci troviamo a fronteggiare l’emergenza del coronavirus in prima linea. Io sono infermiera in sala operatoria ma in questo momento svolgo il mio lavoro anche in corsia; la situazione non è certamente semplice e diventa sempre più preoccupante. Noi facciamo un lavoro bellissimo, stiamo a contatto con la gente, in situazioni di normalità. In questo momento non trovare un contatto coi pazienti è davvero difficile. Dobbiamo usare delle precauzioni ulteriori; qui avevamo una scorta di mascherine, guanti e camici che adesso inizia a scarseggiare. I contagi aumentano ogni giorno anche se non siamo ai livelli di Bergamo o Brescia. Ogni giorno al pronto soccorso arrivano persone che stanno veramente male, anche giovani, che poi in diversi casi vengono intubati. Questo virus è molto contagioso, si può trasmettere col contatto, con un semplice starnuto. Noi sanitari abbiamo sempre convissuto con la possibilità di essere esposti al contagio di qualche malattia, ma questo virus si contagia con estrema semplicità e velocità. Abbiamo paura di andare a lavoro, non lo posso negare, ma la nostra missione è quella di aiutare il prossimo; lo abbiamo scelto per la vita. Per fortuna in questo momento siamo tutelati anche dai sindacati quindi non ci possiamo lamentare. Non oso immaginare se questo virus dilagasse in Sicilia cosa succederebbe. Qui a livello sanitario siamo molto più attrezzati, li diventerebbe difficile fronteggiare l’emergenza”.

Quali sono i sintomi più frequenti che riscontrate in una persona contagiata da coronavirus.

“Dipende. Ci sono casi in cui il virus non è molto aggressivo e quindi tutto si riduce ad un semplice raffreddore e situazioni in cui invece la situazione si evolve ed aggrava in pochissimi giorni, quindi interveniamo intubando i pazienti per aiutarli a respirare. Questo virus è silenzioso: sta in incubazione 14 giorni, quindi in quei 14 giorni non si è coscienti di essere portatori del virus e si possono contagiare tante persone. Poi iniziano ad emergere i primi sintomi. Alcuni pazienti arrivano qui e lamentano febbre alta, che non scende sotto i 37.5 neanche con la tachipirina, difficoltà respiratorie e tosse, ma è una tosse diversa dal solito. I polmoni si riempiono di acqua e quando i pazienti tossiscono è come se stessero tossendo in mezzo all’acqua. Alcuni pazienti hanno lamentato anche rossore e bruciore agli occhi sviluppando congiuntivite.
Ovviamente la gravità della malattia dipende dal sistema di anticorpi sviluppato dai singoli contagiati, ecco perché alcune persone, anche più giovani, sviluppano la malattia in forma più aggressiva senza avere delle patologie pregresse. È chiaro che è più facile che ciò accada nei pazienti con patologie pregresse o negli anziani”.

Nadia, quando pensate che possa essere raggiunto il picco della Pandemia.

“In Lombardia il picco è atteso in questi giorni, qui in Piemonte probabilmente nel fine settimana. In Sicilia non saprei dirlo, sono tanti i fattori da tenere in considerazione ad esempio gli esodi verso il sud. Più o meno tra 14 giorni si potrà dire se le misure adottate hanno dato gli effetti sperati. Comunque il Presidente Musumeci, penso, abbia fatto bene a chiudere tutto, forse si poteva fare pure prima ma credo si sia fatto affidamento più sul buon senso delle persone.
Noi qui siamo relativamente fortunati, ci sono anche i privati che stanno bene economicamente che stanno contribuendo, facendo delle donazioni alla sanità; in Sicilia, la situazione è molto diversa, non è semplice che si verifichi questa possibilità”.

Nadia qual è il tuo timore più grande legato all’esperienza della pandemia di Coronavirus.

“Il mio timore è che ci si possa abituare a non avere o sentire più il contatto umano. Dopo la fine dell’emergenza, in un modo o nell’altro, nulla sarà come prima”.

Ti va di chiudere questa testimonianza, con un consiglio o un monito ai siciliani.

“Occorre non sottovalutare la possibilità di contrarre il virus. Nessuno può dirsi al sicuro. È necessario rispettare le regole quindi oltre a restare a casa ed uscire solo per lo stretto necessario, lavarsi spesso le mani, tenersi a distanza dagli altri. Consiglio anche di igenizzare casa con amuchina o candeggina e soprattutto lasciare le scarpe fuori dalla porta di casa. In questo momento bisogna essere rigorosi e seri”.

 

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